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Specialista in Chirurgia Generale
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    • 27/02/2017

    CARLO FARINA:L'ERNIOPLASTICA MINIINVASIVA

    CARLO FARINA:L'ERNIOPLASTICA MINIINVASIVA: Tempi operatori brevi e rapido ripristino dell’integrità corporea. Ecco perché medici e pazienti preferiscono il metodo “open” rispetto alla laparoscopia per gli interventi all’ernia inguinale. Ne parla il chirurgo Carlo Farina con Valeria Garuti Gli esperti la chiamano “ernioplastica con rete”, ma è più comunemente conosciuta come chirurgia dell’ernia inguinale. Oggi è possibile eseguire questo genere di intervento in due modalità differenti: con taglio (open) oppure in laparoscopia. Quest’ultima tecnica viene impiegata nella chirurgia oncologica mammaria e nell’asportazione di colecisti, ovaio, rene e colon. Con trecento ernioplastiche eseguite ogni anno in diverse strutture romane private e accreditate, il dottor Carlo Farina – specializzato in tecniche chirurgiche che assicurano un rapido ripristino dell’integrità corporea e cultore della tecnica laparoscopica –, tuttavia la sconsiglia nei casi di ernia inguinale. «Sebbene la laparoscopia – spiega Farina –, in generale, sia un metodo poco traumatico, non lo è nel caso dell’ernia inguinale. Infatti, con il metodo open si esegue un piccolo taglio in anestesia locale per un intervento della durata di circa trenta minuti. Al contrario, l’ernioplastica laparoscopica prevede un’anestesia generale, tempi operatori più lunghi e la necessità di dover “violare” il peritoneo». L’intervento open risulta, quindi, mininvasivo, di facile esecuzione e assicura un risultato certo. «Inoltre – aggiunge Farina –, durante l’esecuzione in anestesia L’intervento open risulta, quindi, mininvasivo, di facile esecuzione e assicura un risultato certo. «Inoltre – aggiunge Farina –, durante l’esecuzione in anestesia locale, per fare in modo che il paziente non viva l’evento chirurgico in maniera traumatica, l’anestetista può somministrare farmaci calmanti, con i quali, comunque, il soggetto resta sempre cosciente». L’operazione mira a ripristinare una condizione di integrità, riducendo al minimo l’invasione dell’organismo. «Attraverso una piccola incisione sopra l’inguine – che può variare dai tre ai sei centimetri a seconda dell’ernia e del soggetto da operare –, viene reintrodotto nella cavità addominale il sacco erniario e il suo contenuto – intestino o tessuto adiposo. Successivamente, una rete in materiale non riassorbibile viene posizionata in modo da creare una barriera che impedirà un’ulteriore formazione erniaria. Infine, la chiusura viene eseguita con punti interni riassorbibili, mentre la cute è chiusa con cerotti impermeabili o con collagene. In questo modo è possibile detergere la parte interessata già dopo tre giorni dall’intervento. A intervento concluso, è nostro dovere, nonché consuetudine, fornire al paziente l’informativa comportamentale postoperatoria da seguire così da garantire la ripresa delle normali funzioni vitali».



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